N. 3

 

LA BALLATA DEL CAPRO NERO

 

PARTE 3

 

di Carlo Monni

 

(basato su idee, concetti e personaggi ideati da Fabio Chiocchia)

 

 

1.

 

 

            Il Tempio Nero della Chiesa dei Dannati si trovava a Beverly Hills in un edificio in stile messicano che una volta doveva essere stato una specie di monastero. Molto appropriato per un culto che professava di venerare l’avversario di Dio.

Le attività della Chiesa dei Dannati erano segrete ed i suoi aderenti dovevano firmare un patto di riservatezza. Fin qui nulla di strano: è una prassi usuale ormai in molti posti. Tra gli adepti della setta si diceva che ci fossero alcune celebrità del mondo dello spettacolo, della politica e della finanza che cercavano in questo tipo di trasgressione un antidoto alla noia. Era probabilmente vero ma avrei scommesso che della Chiesa la maggioranza conoscesse solo la parte più folkloristica e scenografica e solo pochi fossero ammessi alle cerimonie più oscure, quelle che davvero meritavano l’appellativo di sataniche e nel corso delle quali forse si erano consumati i delitti su cui stavo indagando.

            Alle funzioni erano ammessi solo gli aderenti ed io non lo ero, ma avevo ricevuto un invito personale direttamente dal Sommo Sacerdote Horace Lupeski in persona.[1] Il motivo che mi aveva spinto ad accettare l’invito era uno solo: la curiosità. Lupeski mi stava sfidando? L’omicidio della terza ragazza rientrava in un rituale di cui cominciavo ad intravedere i reali scopi, ma quello del ragazzo trovato con lei a Griffith Park era qualcosa di diverso: la punizione per una trasgressione, e credevo di sapere quale, ed al tempo stesso un avvertimento per me. Se Lupeski credeva davvero che mi sarei spaventato, avrebbe presto capito di essersi sbagliato.

            All’ingresso non provarono nemmeno a fermarmi, dopotutto ero stato invitato dal Sommo Sacerdote e poi non ero forse il figlio dell’essere che adoravano?

Sì: io, Daimon Hellstrom, sono il figlio di Satana.

                                                                                                

Grazie ad una TV a circuito chiuso, la donna osservava la funzione nello stanzone al di sotto senza che nessuno potesse anche solo sospettare la sua presenza nell’edificio. In genere lei presiedeva alle funzioni più importanti, quelle a cui la maggior parte dei pecoroni là sotto non era e non sarebbe mai stata ammessa.

Provava un genuino disprezzo per tutti loro ma ovviamente Daimon Hellstrom era un discorso diverso, lui era il figlio dell’Oscuro Signore che aveva rigettato i suoi insegnamenti e ciò faceva di lui un nemico.

-Non sottovalutarlo: chi lo ha fatto se ne è sempre pentito.-

                A parlare era stato un essere che aveva l’aspetto di un caprone antropomorfo nudo ma ricoperto da una fitta peluria e con in più due enormi ali da pipistrello che teneva ripiegate. Per essere più esatti, aveva l’aspetto che certe raffigurazioni medievali davano del Diavolo e proprio quello era: se non il Diavolo, almeno un diavolo.

-Non lo sottovaluto affatto.- gli rispose la donna -So di cosa è capace, ma tu dovresti sapere di cosa sono capace io.-

-Lo so bene e sarà interessante vedervi l’una contro l’altro. Sai bene che non posso agire direttamente contro di lui, non ancora almeno. Sta a te fermarlo se la sua interferenza dovesse essere troppo fastidiosa.-

-E lo farò, se sarà necessario… con ogni mezzo.-

                Un sorriso crudele si disegnò sul suo volto.

 

                Rimasi in disparte durante tutto il rito. Non era un molto diverso da quel che si poteva vedere nelle funzioni di una qualunque congregazione di satanisti dopotutto, ma i miei sensi satanici, potremmo chiamarli così, percepivano ben altro, qualcosa di maligno. Il Capro Nero… lui era lì e mi stava osservando. Lo sentivo, lo sapevo. Da tempo le due metà del mio retaggio, quella umana e quella demoniaca avevano fatto pace ponendo fine ad un assurdo dualismo ma a volte accadeva che la mia natura demoniaca si manifestasse anche fisicamente e sapevo con certezza che era ciò che mi stava capitando adesso. Le mie pupille erano diventate rosse ed i canini si erano allungati.

            Guardai verso l’altare e lo vidi: il Capro Nero, ritto dietro a Lupeski e sembrava avere un’espressione irridente. Dall’atteggiamento dei presenti era ovvio che solo io potevo vederlo e forse anche Lupeski.

            Avanzai verso l’altare e Lupeski dovette percepire la mia ostilità, la mia rabbia perché improvvisamente esclamò:

-Fratelli e sorelle, diamo un solenne benvenuto ad un ospite d’accezione: il Professor Daimon Hellstrom non è solo un'autorità nel campo della demonologia, ma il figlio del nostro Signore Satana, la manifestazione vivente della sua potenza. Sia lode a Satana!-

-Sia lode a Satana!- ripeterono i satanisti.

            Mi circondarono e qualcuno perfino mi toccò. La mia reazione fu semplice:

-Levatevi dai piedi, razza di idioti.-

            Alcuni si scostarono, poi Lupeski mi si avvicinò:

-Sono lieto che abbia accettato il mio invito, Hellstrom.- mi disse -Spero che la nostra piccola funzione le sia sembrata interessante.-

-Abbastanza.- ribattei -Ho saputo ciò che volevo sapere.-

            Lupeski fece quello che nelle sue intenzioni voleva probabilmente essere un sorriso amabile e replicò:

-Bene. Un passo in più verso la conoscenza è un passo in più verso Satana, non crede?-

            Non mi presi nemmeno la briga di rispondergli e gli voltai le spalle.

 

 

2.

 

 

            Nell’attesa che la mia Maserati Ghibli forse riparata dopo i danni provocati dall’attacco dei demoni della sera precedente, avevo noleggiato una Porsche Cayman nera a bordo della quale mi stavo dirigendo verso la San Fernando Valley quando il mio telefono squillò.

            Da bravo guidatore inserii il viva voce e chiesi:

-Che cosa c’è, Piccola Eva?-

            Mentre rispondeva, sentii il disappunto nella voce del Tenente Eva Torres nel sentirsi chiamare così:

<<Ho appena saputo l’identità delle ultime due vittime, ti interessa saperla?>>

-Devi anche chiederlo? Dimmi.-

-Jennifer Palmer, una studentessa di vent’anni e Mark Rennie, anche lui studente, 22 anni. Indovina cosa studiavano?-

-Facile: Scienze Sociali all’U.C.L.A.[2] ed ora non dirmi che erano allievi del corso di Lupeski.-

<<Se ci tieni tanto, non te lo dirò.>>

            Eva dirigeva una delle squadre della Sezione Speciale Omicidi della Divisione Rapine-Omicidi della Polizia di Los Angeles. Era un detective molto in gamba ma dal carattere decisamente spigoloso. Non eravamo partiti molto bene io e lei ma la sera precedente eravamo divenuti amanti, il che l’aveva resa più malleabile nei miei confronti ma non ne aveva diminuito il sarcasmo.

-Lupeski ci sta sbattendo in faccia il suo disprezzo.- commentai.

<<Sei davvero sicuro che ci sia lui dietro a tutta la faccenda?>>

-Ora più che mai. Me l’ha praticamente fatto capire.-

            Le raccontai quello che era successo durante quella buffonata che mi rifiutavo di chiamare messa nera, fatta esclusivamente ad uso e consumo degli ospiti VIP e per dimostrare alle autorità quanto fossero innocui i cosiddetti satanisti della Chiesa dei Dannati. Alla fine Eva commentò:

<<Non è che dubiti di quel che hai visto, Daimon, ma…>>

-… ma vuoi essere sicura che non mi sia immaginato tutto magari sotto l’influsso di qualche allucinogeno? Credimi quello che ho visto era reale.-

<<Peccato che le tue visioni non siano prove valide per un giudice.>>

-Me ne infischio dei giudici. Il mio tipo di giustizia non ha nulla a che fare coi tribunali.-

<<Non voglio sapere altro. Dove sei adesso?>>

-Nella Valley. Diciamo che sto andando a far visita ad un’amica.-

            Riattaccai prima che Eva potesse farmi delle domande a cui non volevo rispondere ed accelerai.

 

            La donna bionda guardò il cadavere sul divano. Se fosse stata ancora capace di provare pietà, non ne avrebbe comunque avuta per un uomo viscido e schifoso come quello. Si augurava che i suoi ultimi istanti fossero stati molto dolorosi e che la punizione per la sua anima all’Inferno lo sarebbe stata ancora di più.

                Senza fretta si spazzolò con le mani il vestito, si aggiustò il cappellino sulla testa e poi uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.

 

            Parcheggiai l’auto davanti agli studios di una delle maggiori case di produzione di film porno della California. Per una sorta di bizzarra ironia, sorgevano non troppo distanti dagli studi della Disney. Un po’ come il Diavolo e l’acquasanta o no?

            In genere in questi posti non amano avere curiosi sul set ma nessuno dice di no ad uno che si presenta a bordo di una Porsche Cayman ed allunga una mancia di un paio di centoni.

            Mentre entravo negli studios incrociai una donna che stava uscendo. Mi soffermai un attimo a guardarla. Era una di quelle che chiamano bellezze algide: bionda, occhi azzurri, bel fisico contenuto in un abito che, come il suo cappellino e come la sua pettinatura con un ricciolo che ricadeva sul suo occhio destro nello stile dell’attrice Veronica Lake, sembrava uscito da un film degli anni 40. Ero sicuro di non averla mai incontrata prima ma aveva qualcosa di inquietantemente familiare che non riuscivo a definire e non era solo la sua somiglianza con una star del passato. Improvvisamente si voltò verso di me e mi rivolse un sorriso enigmatico poi uscì.

            La lasciai perdere, dopotutto era un’altra la bionda che cercavo e non faticai molto a trovarla. Jazz Jade era una delle pornostar più famose della Nazione o almeno così dicevano. Da parte mia non ero venuto fin lì per le sue indiscutibili doti fisiche o per quello che sapeva fare davanti ad una macchina da presa od in privato. Magari ci avrei pensato più avanti, ora volevo soddisfare una curiosità di altro tipo.

            Raggiunsi il set dove Jazz Jade stava lavorando al momento. Aveva appena finito di girare una scena che non ho alcuna intenzione di descrivervi e si stava alzando dal letto quando mi vide. Non mostrò alcun imbarazzo per essere nuda ovviamente. Indossò una corta vestaglietta e venne verso di me dicendo:

-Lei è il tizio che mi ha quasi aggredito ieri all’obitorio.[3] È venuto sin qui scusarsi per caso?-

            Feci il mio migliore sorriso e replicai:

-Perché no? Vorrei farle qualche domanda su quella specie di tatuaggio che ha sotto la tua spalla sinistra.-

            Jazz inarcò un sopracciglio e ribatté:

-Ci avrei scommesso! Lei è un poliziotto?-

-Un consulente, diciamo. Mi chiamo Daimon Hellstrom e sono psicologo, demonologo e tante altre cose che probabilmente non crederebbe.-

            Lei fece una faccia strana e replicò:

-Mi metta alla prova, potrei sorprenderla.-

            Sul suo viso passò un’ombra. Non avevo bisogno di doti medianiche per capire che qualcosa la preoccupava. Alla fine disse:-

-Psicologo e demonologo ha detto? Potrebbe essere capitato al momento giusto. Mi dia il tempo di mettermi qualcosa di più addosso, poi risponderò alle sue domande e gliene farò qualcuna anch’io.-

            Sparì rapidamente dentro un camerino. Ne uscì una mezz’oretta dopo. Indossava un abitino nero che le fasciava le forme come se le fosse stato dipinto addosso, le lasciava le spalle nude ed aveva una scollatura vertiginosa, le scarpe, naturalmente erano un tacco 12.

-Mi scusi se l’ho fatta attendere.- si scusò sorridendo.

-Nessun problema.- replicai

            Non ebbi il tempo di aggiungere altro, improvvisamente un uomo arrivò gridando:

-Abe è morto!-

-Che stai dicendo?- gli chiese bruscamente Jade -Ho visto Abe stamattina e stava benissimo.-

-Eppure ora è morto.- ribadì l’altro -Stecchito sul divano del suo studio .-

            Le riprese si fermarono ed un piccolo esercito si mosse verso lo studio del produttore ed io mi accodai.

            Abraham Stanley, così Jade mi disse che si chiamava, giaceva in effetti sul divano ed era sicuramente morto. Aveva gli occhi sbarrati come se avesse visto qualcosa che lo aveva spaventato a morte. Sulle labbra notai quello che sembrava uno sbuffo di rossetto. Aveva baciato qualcuno appena prima di morire, forse? E dove era finita la donna? Capii la risposta vedendo il marchio sulla sua fronte: una clessidra rossa . Avevo già visto quel marchio la sera prima all’obitorio sul volto di un uomo apparentemente morto d’infarto. Allora non ci avevo fatto caso preso com’ero da Jazz Jade e Horace Lupeski, ma adesso ricollegavo tutto: quello era il marchio che si trovava sull’addome del ragno chiamato vedova nera.

            La bizzarra giustizia di mio padre era al lavoro.

 

 

3.

 

 

            Eravamo seduti nel salotto della villetta a due piani dove Jazz Jade abitava e dove mi aveva invitato dopo cena. Non sembrava affatto turbata dall’improvvisa morte di uno dei suoi produttori.

-Abe era un porco - mi spiegò -Un vero sadico che godeva a far del male alle donne ed intendo proprio male. Un paio di volte ha passato i limiti ed ha sborsato un sacco di soldi per evitare denunce. Ultimamente era sospettato anche di essere implicato nella morte di due prostitute che sarebbero state torturate prima di essere uccise ma non hanno trovato prove sufficienti per arrestarlo. Saranno in molte a gioire della sua morte e ad augurarsi che abbia sofferto.-

-Lo ha fatto, mi creda.- affermai.

-Come fa ad esserne certo?-

- Lo sono e tanto basta. Ora parliamo finalmente di lei… o meglio: del pentacolo che ha impresso sulla scapola.-

            Lei se lo toccò istintivamente e disse:

-Questo? Come le ho detto ce l’ho dalla nascita o almeno da quando posso ricordare.-

            Rimasi silenzioso per qualche attimo riflettendo, poi dissi:

-Lo sa cosa significa il pentacolo rovesciato? È un simbolo satanista. Nel suo caso…- appoggiai la mano sul marchio e lo sentii caldo al tatto -… non è una semplice voglia ma un marchio. Ci sono solo due tipi di persone che ce l’hanno: quelli che Satana ha scelto per accoglierli nelle sue schiere, com’è avvenuto per una giovane pellerossa che ho conosciuto anni fa,[4] oppure i suoi figli… come me.-

-Lei… lei mi sta prendendo in giro: Satana… il Diavolo… non esiste!-

-Ne è davvero così sicura?-

            Lei tacque. Era impallidita. Si morse le labbra e sentivo che esitava, poi alla fine, si decise a parlare:

-Da un po’ di tempo faccio strani sogni.-

-Che tipo di sogni?- chiesi con reale interesse.

-Sogno l’Inferno, quello tradizionale con i diavoli coi forconi che tormentano i dannati, oppure di partecipare ad un sabba con le streghe che danzano e si accoppiamo con demoni ed altri esseri strani e nel sogno mi sento bene, come se quello fosse il mio posto. Solo ieri ho sognato di partecipare ad una messa nera in cui veniva uccisa la mia amica Kathy.[5] Ero io la celebrante, io che affondavo il coltello nel petto di Kathy e nel farlo mi sentivo eccitata, felice.-

-Non sono semplici sogni.- affermai con sicurezza -A quanto pare, l’Inferno sta comunicando con lei, ma perché?-

            La domanda era destinata a rimanere senza risposta. Mi bloccai improvvisamente sentendo un odore familiare.

-Zolfo?- esclamò Jazz perplessa.

            Lo sentiva anche lei? Allora forse i miei sospetti erano fondati. Non era il momento di approfondire, però: dal pavimento si stavano materializzando dei demoni ma erano qui per me o per lei?

            Feci con entrambe le mani il segno del tridente e subito i miei vestiti scomparvero sostituiti dalla mia tenuta da battaglia. Il mio magico tridente apparve nella mia mano destra e lo usai subito per respingere uno degli avversari. Erano demoni di basso livello ma non per questo meno pericolosi. Roteai il tridente ed impressi sulla porta un segno che avrebbe impedito loro di uscire dalla stanza e a chiunque altro di entrarvi. Lo scontro sarebbe rimasto confinato solo ai presenti.

            Udii un grido di donna e vidi Jazz Jade che cercava di divincolarsi dalla stretta di un paio di demoni. Stavo per intervenire in suo aiuto quando avvenne qualcosa di inaspettato: una vampata di fuoco infernale, lo stesso che sparavo dal mio tridente, la avvolse per qualche istante e quando svanì lei era cambiata. Al posto del suo miniabito ormai a brandelli c’erano: un giubbotto di pelle nera che lasciava scoperto l’addome ed aveva una profonda scollatura, un perizoma rosso e stivaletti neri. La cosa più importante era che nella mano destra stringeva una corta spada di metallo e quel metallo era il netheranium, lo stesso di cui era fatto il mio tridente, un metallo che esiste solo all’Inferno.

            Dopo un momento di sbandamento lei prese a mulinare la spada come una provetta spadaccina. Con un fendente spiccò la testa dal collo di un demone e poi conficcò la lama nel ventre di un altro. In entrambi i casi i demoni svanirono in uno sbuffo di fumo. Da parte mia non rimasi a guardare ed usai il tridente per incenerirne quanti più potevo, poi afferrai l’ultimo per il collo.

-Chi vi ha mandati?- chiesi con rabbia -Il Capro Nero o mio padre? Rispondi!-

            Lui, invece si ridusse in cenere. Frustrato mi voltai verso Jazz e quel che vidi non mi sorprese. In questa sua nuova incarnazione le sue pupille da blu erano diventate rosse e dalle labbra spuntavano canini appuntiti. Sapevo con certezza che per me era lo stesso.

-Quelle creature erano veri demoni.- disse. Una constatazione non una domanda.

-Già.- ribattei -E tu sei stata davvero brava con quella spada. Fai scherma per caso?-

-Non avevo mai impugnato una spada in vita mia eppure era come se sapessi esattamente cosa fare, come se questa spada fosse parte di me.-

            Mentre parlava avvenne qualcosa che avrebbe sorpreso chiunque altro: La spada si ridusse di dimensioni e sembrò essere assorbita dalla sua mano. Lei si limitò a dire:

-Incredibile!-

            Solo allora sembrò accorgersi che anche io ero cambiato. Fissò il mio petto nudo e disse:

-Tu hai il mio stesso simbolo: il pentacolo-

-È il segno che mi identifica come figlio di Satana e temo che per te sia lo stesso.-

-Io figlia del Diavolo?-

            Improvvisamente scoppiò a ridere.

-Cosa c’è da ridere?-

-Nulla.- rispose Jazz -Ripensavo a una suora dell’orfanatrofio che diceva che ero indemoniata. A quanto pare aveva più ragione di quanto credesse. Ma non parliamo di questo adesso -

            Mi si era avvicinata e stava passando le dita sul pentacolo sul mio petto.

-Ammazzare demoni è eccitante.- disse con un sorriso malizioso -Molto eccitante.-

            Mi baciò, un bacio lungo e passionale.

-Ti ho appena detto che potremmo essere fratelli.- le dissi quando le sue labbra si staccarono dalle mie.

-Non me ne frega niente.- replicò.

            Nemmeno a me, pensandoci bene.

 

            Horace Lupeski non nascose un moto di fastidio mentre diceva:

-Anche questi demoni hanno fallito. Cosa ci vuole per sistemare Hellstrom?-

-Ti avevo avvertito che non sarebbe stato facile. Non hai voluto ascoltarmi.- replicò il Capro Nero.

-Non puoi pensarci tu?-

-Non posso, te l’ho già detto, non finché il rituale non sarà pienamente compiuto. Sino ad allora posso solo agire per mezzo di agenti umani attraverso cui incanalare il mio potere.-

-Presto il rituale sarà terminato ed allora nessun potere sulla Terra potrà fermarci e tantomeno Daimon Hellstrom e la ragazza.-

-Hai finito Horace? Mi sto stufando dei tuoi lamenti.- disse con voce dura la donna nota a tutti, tranne che ai presenti, solo come la Somma Sacerdotessa della Chiesa dei Dannati.

                Lupeski si azzittì. La sua arroganza sembrava svanita. Alla fine disse:

-Scusami.-

-Scuse accettate, Horace e adesso vai. Devi sovrintendere all’ultima parte del rito, ricordi?-

-Io ho già… va bene, vado.-

                Era appena uscito che la donna si rivolse al demone che era rimasto nella stanza:

Tu sapevi quel che sarebbe accaduto non è vero? Hai mandato apposta quei demoni a casa sua.-

-Sapevo che per far emergere la sua anima oscura era necessario un catalizzatore e nulla funziona meglio della paura. Sei forse gelosa? Non devi; sarai sempre la mia preferita.-

                Le dita del Capro le sfiorarono il viso. La donna rimase dapprima impassibile, poi sorrise e con un rapido gesto si sfilò la tunica rimanendo nuda quindi si diresse all’altare di pietra. Mentre vi si sdraiava la luce delle candele illuminò brevemente un marchio sulla sua natica sinistra, un marchio rosso a forma di pentacolo rovesciato.

 

                Era ormai l’alba ed io e Jazz eravamo sdraiati nudi ed abbracciati sul letto a due piazze di lei dopo una notte piuttosto intensa. Jazz teneva la testa sul mio petto e cominciò a parlare

-Non ho mai saputo chi fosse mio padre e mia madre è morta poco dopo la mia nascita. Ho passato buona parte dell’infanzia tra orfanotrofi e famiglie affidatarie. Dall’ultima sono fuggita a 13 anni perché il mio padre affidatario aveva la brutta abitudine di infilarsi nel mio letto tutte le notti. È a quel bastardo che debbo la perdita della verginità. Ho vissuto per strada per un po’ arrangiandomi come potevo. Avevo compiuto da poco 18 anni e lavoravo come cameriera in un diner quando, un giorno un cliente mi allunga una bella mancia e mi dice che con un corpo come il mio avrei potuto guadagnare almeno dieci volte di più di quello che prendevo di stipendio, che avrei potuto essere la nuova Karen Page. Mi lasciò il suo bigliettino da visita e mi disse di chiamarlo non appena avessi deciso. Come avrai intuito, era il mio attuale produttore. Ci pensai meno di un giorno poi gli telefonai e lui mi convocò per un provino. Il resto puoi immaginarlo.-

            L’avevo lasciata parlare senza interromperla. In fondo la sua storia mi incuriosiva.

-È stato allora che hai conosciuto Katherine Sheldon?- le chiesi.

            Katherine Sheldon, alias Shelly Kyle, era una pornostar come lei e la seconda vittima degli omicidi satanici.

-Si, il giorno stesso del provino. Ci trovammo subito simpatiche. Lei cercava qualcuno con cui dividere le spese del suo appartamento e mi offrì di andare ad abitare insieme. Non vedevo l’ora di lasciare il buco in cui abitavo allora ed accettai. Poco dopo diventammo amanti. Ti scandalizza?-

-Per niente, continua.-

-Non c’è molto altro da dire. Tutte le cose belle finiscono prima o poi. Dopo un paio d’anni prendemmo strade diverse. Ormai guadagnavo molto più di quanto avessi mai sognato e decisi di comprare questa casa. Lei, invece, spendeva quasi tutti i suoi guadagni in cocaina e metamfetamine. Forse se le fossi rimasta accanto…-

-Non sarebbe cambiato niente. Non è stata la droga ad ucciderla ma un coltello sacrificale ben affilato.-

            Fu scossa da un brivido.-

-Se penso che ho sognato quella scena ed ero io ad ucciderla. Oddio, e se fosse vero? Se senza saperlo avessi una seconda personalità malvagia?-

-Non lo credo possibile.- ribattei.

            Ma potevo davvero escluderlo? Il fatto che io e mia sorella fossimo consapevoli della nostra anima oscura non indicava che per altri fosse la stessa cosa.

            Lei sembrò leggermi nel pensiero. Scosse la testa e disse:

-Come se non avessi già una vita abbastanza complicata, ora salta fuori che sono la figlia del Diavolo.-

-Non necessariamente di mio padre Satana.- ribattei -Ci sono altri demoni più o meno del suo livello: i Principi dell’Inferno. Potresti essere figlia di Belzebù ad esempio. Una volta ho conosciuto uno che forse era suo figlio.[6] Oppure tuo padre potrebbe essere Belial, o Astaroth o anche Samael o Asmodeo, loro due hanno avuto un sacco di figli da demonesse e da umane in passato e magari anche in tempi recenti.-

-E questo dovrebbe farmi stare meglio?-

            Stavo per replicare qualcosa quando il mio telefono squillò. Allungai la mano verso il comodino per prenderlo. Era Seth Lieber. Sbuffai e risposi. Seth era un ometto abbastanza insignificante che però era un pezzo grosso della Chiesa di Satana ufficiale a Los Angeles e talvolta aveva delle informazioni interessanti. Era stato lui a coinvolgermi nel caso degli omicidi satanici.

<<Ne hanno ammazzata un’altra, Daimon e stavolta l’hanno lasciata davanti al nostro tempio.>>

            Balzai a sedere sul letto ed esclamai:

-Aspetta: mi stai dicendo che c’è stato un altro di quegli omicidi?-

<<Sì, sì.>> Seth sembrava isterico <<L’hanno lasciata qui per implicarci, è chiaro.>>

-Adesso calmati. Hai già chiamato la Polizia?-

<<No, ho chiamato subito te.>>

-Allora aspettami, arrivo immediatamente.-

            Saltai giù dal letto afferrando i miei vestiti ammucchiati alla rinfusa su una sedia.

-Che succede?- mi chiese Jazz -Ho sentito bene: c’è stato un altro omicidio?-

            Le spiegai rapidamente la situazione e lei aggiunse:

-Posso venire con te?-

            Sogghignai e risposi:

-Perché no? Metti il tuo vestito più sexy e provocante. Voglio vedere se al buon Seth viene un infarto.-

 

 

4.

 

 

            Il Tempio Nero della Chiesa di Satana a Los Angeles, nome decisamente pomposo, se volete il mio parere, si trovava sulle Santa Monica Mountains nei pressi di Topanga Canyon. Era una costruzione in muratura che doveva avere tre o quattro secoli ed era stata recentemente ristrutturata. Era un luogo abbastanza isolato e questo aveva fatto sì che i soli al corrente del nuovo cadavere fossero Seth ed i sui amichetti, il che mi dava l’opportunità di esaminare con calma la scena del crimine prima di chiamare Eva Torres.

            Quando scendemmo dalla Cayman, alla vista di Jazz Seth strabuzzò gli occhi e balbettò:

-Lei! Lei è… è…-

-Sì, lo è.- risposi sogghignando -Ora fatti rientrare gli occhi nelle orbite e ritira quella lingua penzoloni, Seth, poi portaci dal cadavere.-

-Uhm… viene anche lei?-

-È adulta e vaccinata. In più, ieri sera ha squartato un paio di demoni prima di andare a letto, quindi credo che reggerà la vista di un cadavere.-

            Jazz fece una risatina divertita. Seth mi fissò cercando di capire se stavo dicendo la verità o lo stessi prendendo in giro, poi scrollò il capo e ci precedette.

            Il cadavere giaceva disteso sulla schiena proprio davanti al patio. Era una ragazza asiatica, giapponese probabilmente, sui vent’anni. Lupeski ed i suoi amici della Chiesa dei Dannati non avevano pregiudizi razziali per quanto riguardava le vittime dei loro sacrifici. Come le altre era nuda e come le altre aveva un taglio che dal collo andava sino all’inguine. Non ero un esperto forense ma avrei scommesso che in questo ed in tutti gli altri omicidi era stato usato lo stesso coltello. Anche l’ultimo dei dilettanti, poi, avrebbe capito che la vittima di oggi era stata uccisa altrove e portata lì apposta: non c’era sangue in giro a parte quello usato per tracciare il pentacolo rovesciato accanto al cadavere, troppo poco per una ferita simile. Ai polsi ed alle caviglie erano evidenti i segni di corde.

            Sentii un gemito alle mie spalle e mi voltai. A quanto pareva Jazz Jade era più impressionabile di quanto forse lei stessa credesse. Era mortalmente pallida ma non vacillò, devo dargliene atto. Del resto, ormai sapevo che aveva risorse inaspettate.

-La conosci?- lei chiesi.

            Lei fece segno di no con la testa e poi ribadì a voce:

-Non è del mio giro, se è quello che volevi sapere. Forse era una studentessa.-

-Forse.- borbottai poi aggiunsi -Bene, è ora di chiamare la Polizia.-

            Ci volle un’oretta buona perché Eva Torres si presentasse. Topanga è fuori dai confini di Los Angeles e probabilmente aveva anche perso del tempo a spiegare ai detective dello Sceriffo che questo caso era collegato ad altri quattro omicidi di sua competenza. Infatti si presentò con un tizio che sul bavero della giacca aveva il distintivo con la stella e le squadre della Scientifica erano addirittura due, una per ciascun dipartimento.

            Eva ci raggiunse a passo di marcia, si fermò a pochi passi da noi poi, con voce dura, punto l’indice contro Jazz e mi chiese:

-Lei che ci fa qui?-

            Feci un sorriso ironico e risposi:

-Avevo bisogno di un’assistente. Lei è la mia Dottoressa Watson.-

            Eva fece una smorfia di disgusto poi sputò per terra mancando di pochi millimetri le scarpe di Jazz e ribatté:

-Ma tu non sei Sherlock Holmes. Dille di portare il suo bel culetto lontano dalla mia scena del crimine.-

-Ci sento benissimo.- replicò con voce ferma Jazz -Se non sono desiderata, lo dica direttamente a me, Tenente.-

-Fuori dai piedi.-

            Jazz abbozzò un sorriso e commentò:

-Visto? Bastava chiederlo gentilmente.-

            Si avviò verso l’auto ancheggiando visibilmente. Eva non le badò e si rivolse a Seth:

-Dovrei arrestarla per ostacolo alla Giustizia per aver chiamato un civile prima di avvertire le autorità ma se il mio collega dell’Ufficio dello Sceriffo è d’accordo, per questa volta lascerò correre.-

-Il caso è tuo, Eva.- replicò l’altro scrollando le spalle.

-Devi capire il mio amico Seth.- intervenni -Lui ed i suoi amici si sono fatti prendere dal panico: temevano di essere accusati e che comunque la cosa avrebbe danneggiato la reputazione della loro Chiesa.-

-Avrei pensato che gliel’avrebbe migliorata.-ribatté Eva.

            Aveva fatto un tentativo di umorismo? Decisamente incredibile per una come lei. Per dirla con un eufemismo, l’umorismo non era tra i talenti di Eva Torres. Per fortuna ne aveva altri, alcuni evidenti altri meno, ma ugualmente interessanti.

            Si chinò verso di me e mi sussurrò:

-Non m’importa se te la sbatti, ma dovevi proprio portare quella puttanella sulla scena di un crimine?-

-Che tu ci creda o no, mi sta davvero dando una mano.- replicai -Diciamo che lo fa come secondo lavoro.-

-Come terzo, probabilmente.- ribatté lei.

            Decisamente era più acida del solito.

 

            L’ufficio era arredato in modo abbastanza spartano. La scrivania era di quercia e sopra c’erano solo un portapenne ed un portafotografie rivolto verso l’interno, sul lato destro c’era un ripiano per un computer e una tastiera. Un laptop era posato sul piano della scrivania stessa. Sulla parete opposta alla porta campeggiavano le foto del Governatore della California e del Presidente degli Stati Uniti, tra di loro, quasi a separarle, c’era il Sigillo della Contea di Los Angeles. Le poltrone erano in similpelle tranne quella Executive dietro la scrivania che era di pelle vera e completamente nera.

                La donna che vi era seduta poteva avere circa quarant’anni, ed era decisamente attraente. Aveva corti capelli ramati, occhi azzurri e profondi, indossava un elegante tailleur color vino con gonna che arrivava appena sopra il ginocchio, camicetta bianca e scarpe di marca ma non troppo pretenziose. Finì di scrivere qualcosa sul laptop, salvò il lavoro e lo chiuse per poi infilarlo in una capace borsa.

                Uscì dall’ufficio e dopo essersi assicurata che la porta fosse ben chiusa, si fermò davanti alla scrivania di una segretaria e disse:

-Starò fuori quasi tutta la giornata, Christine. Se sarà necessario, sa come rintracciarmi.-

-Va bene, Mrs. Abadon.-

                Salì su un’auto in attesa e l’autista le chiese:

-Andiamo alla clinica, signora?-

                La donna sospirò e rispose :

-Ovviamente sì. Vai.-

                Il viaggio fu relativamente breve considerato il traffico di Los Angeles e li portò ad una famosa clinica per la riabilitazione dalle dipendenze da alcool e sostanze varie.

                L’autista rimase nell’auto mentre la donna entrava a passo spedito. Un uomo con gli occhiali e il camice da medico le si fece incontro salutandola con studiata cordialità:

- Supervisore Abadon, è sempre un piacere vederla.-

-Lasci perdere le smancerie, Dottor Herbert e mi dica come sta mia figlia - replicò bruscamente Lucille Abadon, membro del Consiglio dei Supervisori della Contea di Los Angeles per il Quarto Distretto.

                Il medico sembrava decisamente imbarazzato.

-Beh… ecco… non risponde alle cure… non collabora.-

                Lucille storse la bocca. Quell’individuo viscido proprio non le piaceva.

-Mi accompagni da lei, adesso.- ordinò perentoria.

                Pochi minuti dopo era in una stanza dalle pareti imbottite. Una ragazza bionda dai capelli a caschetto che dimostrava circa sedici anni ed indossava solo una canottiera nera ed un paio di shorts di jeans era sdraiata su un lettino. Quando la vide balzò a sedere.

-Ma guarda, guarda: la mammina! Sei venuta a vedere i miei progressi?-

-Stando ai medici, non ne stai facendo, Penny.- replicò Lucille.

-Che si fottano i medici, che si fotta tutto questo posto. Io non ci volevo venire, tanto per cominciare.-

-Vogliono aiutarti, tutti noi lo vogliamo.-

-Balle! Tutto quello che vuoi è che io non ostacoli la tua carriera politica con i miei comportamenti imbarazzanti.-

                Lucille fece un sorriso cattivo e ribatté:

-A dire la verità, i tuoi comportamenti imbarazzanti mi hanno aiutato molto: l’immagine della coraggiosa madre single con una figlia ribelle e drogata ha fatto colpo sugli elettori. Forse dovrei ringraziarti.-

                Si fece più seria e disse ancora:

-Tuo padre è molto deluso dal tuo comportamento. Aveva grandi progetti per te.-

-Mio padre? Mi ha ignorato da quando sono nata e si fa vivo adesso per farmi la morale? Che si fotta anche lui.-

                La madre la prese per le spalle e disse con voce dura :

-Guardami bene, Penny, ed ascoltami: tu non conosci tuo padre, se lo conoscessi avresti paura di deluderlo e intendo veramente paura.-

                Penny Abadon la fissò negli occhi e capì che era sincera.

 

                La Polizia terminò i suoi rilievi ed il cadavere fu messo in uno degli appositi sacchi e caricato sul furgone del Medico Legale della Contea. Era appena partito che dissi:

-Ce ne sarà ancora uno.-

-Cosa te lo fa pensare?- mi chiese Eva Torres.

-Sono omicidi rituali e non sono fini a se stessi.- spiegai -Uno per ogni punta della stella del pentacolo e quando il rituale sarà completato chi lo ha compiuto avrà ciò che cerca.-

-Ovvero?-

-Non lo so. Può essere qualunque cosa: potere, denaro, sesso o magari altro ancora. Non la pace nel mondo, temo.-

-Molto spiritoso. E pensare che fino a pochi giorni fa non avrei mai creduto alle evocazioni demoniache ma dopo quello che ho visto…-

            Eva si avviò alla sua auto ed io dissi:

-Ti raggiungo in Centrale.-

-Porterai anche Miss “Miglior scena anale” agli ultimi AVN Awards?[7]-

            Inarcai un sopracciglio e lei rispose con un sorrisetto.

-Mi sono documentata.-disse poi salì in macchina.

            Mi avvia alla Porsche. Jazz Jade mi stava aspettando appoggiata al cofano.

-Alla tua amichetta è passata la crisi di gelosia?- mi chiese.

-Mi fai domande troppo complicate.- replicai -Sali.-

-Ci avviammo lungo i tornanti verso Los Angeles di sotto. Ad un certo punto Jazz mi chiese:

-Quel trucchetto di cambiarsi d’abito istantaneamente, credi che possa riuscirci anch’io quando voglio?-

-Non vedo perché no?- risposi -Dopotutto è solo questione di volontà. Dubito che il segno del tridente funzionerebbe con te ma se ti concentri e lo vuoi davvero… provaci.-

-Ma le fiamme…-

-Il fuoco infernale brucia solo le anime… e i demoni. Perché bruci altro devi volerlo tu.-

            Jazz si concentrò e dopo qualche istante fu avvolta dalle fiamme infernali e quando cessarono aveva indosso il suo bel costumino attillato.

-Wow!- esclamò.

-Ti senti bene?- le chiesi.

-Mi sento benissimo! È come se mi si fossero aperti nuovi orizzonti ed ora fossi in grado di percepire cose che prima non vedevo o sentivo.-

-È la tua metà demoniaca che si è risvegliata. Non combatterla, accettala: è parte di te, di ciò che sei, che sei sempre stata.-

            Ritrasformò ancora i suoi abiti e disse:

-Questa storia che sono figlia del Diavolo... o comunque di un diavolo… mia madre sapeva chi era? È andata con lui volontariamente o è stata violentata?-

-Temo che solo lui possa risponderti ormai e forse un giorno lo farà se vorrà.-

-Io… ehi cos’è questa musica?-

            Il suono di un flauto di Pan riempì di colpo l’aria e questo poteva voler dire solo una cosa.

-Attento!- urlò Jazz.

            Il maledetto Capro Nero era improvvisamente apparso davanti a noi col suo muso ghignante. Era troppo tardi per evitarlo. Ci finimmo contro e la Cayman fu letteralmente sbalzata indietro. Fece un testacoda e piombò contro il guardrail sfondandolo. Precipitammo nel vuoto e per me e Jade sarebbe stata la fine, poi qualcosa sfondò il tettuccio e ci afferrò entrambi per la collottola. Una voce non umana alle mie spalle mi sussurrò:

-Non è ancora il tuo momento, caro Daimon.-

            Dopodiché persi i sensi.

 

 

5.

 

 

            Quando mi risvegliai ero legato mani e piedi ad una specie di altare di pietra. Mi avevano tolto la giacca e strappato la camicia lasciandomi a petto nudo. A Jazz era andata peggio: era completamente nuda e legata anche lei ad un altare simile al mio. Non ci voleva un genio per capire che era destinata ad essere il prossimo sacrificio.

            Mi guardai intorno: eravamo in una specie di cripta sotterranea addobbata come si conviene ad un tempio dedicato a mio padre, il vero tempio della Chiesa dei dannati.

            Davanti a me c’era Horace Lupeski che indossava un’ampia tunica rossa bordata d’oro col simbolo del pentacolo rovesciato sul petto. Sul viso aveva un sorriso che si poteva ben definire mefistofelico.

-Ben tornato tra noi, Hellstrom. Mi sarebbe spiaciuto se si fosse perso l’ultimo sacrificio.-

-Mi hai rovinato una camicia da 200 dollari e un abito di Armani da 2000, per tacere della Porsche che è finita in fondo al canyon. Tutti buoni motivi per ucciderti, Horace.- replicai.

-Temo che sarà lei a morire, Hellstrom. Suo padre sarà lieto di accoglierla all’Inferno, suppongo.-

-Ci ho regnato all’Inferno poi mi sono stufato e sono tornato indietro. Lo farò anche stavolta.-

            Bella vanteria, ma non ero affatto sicuro di poterla mantenere. Mio padre non era certo benevolo nei miei confronti, anche se non era detto che mi volesse morto. Provai a spezzare i legacci ma non ci riuscii.

-I suoi sforzi sono inutili.- sentenziò Horace -Non sono ancora all’altezza di mio zio[8] ma sono comunque abbastanza pratico di magia da rendere quei legami indistruttibili.-

            Era davvero così? Ne dubitavo. Nessun incantesimo poteva essere del tutto impervio al potere dell’Inferno a meno di usare catene di netheranium, ma né mio padre né altri demoni sarebbero mai stati così stupidi da fornire ad un mortale qualcosa che poteva essere usato contro di loro. Meglio far finta di nulla per il momento.

Perché, Lupeski?- chiesi -Perché questi sacrifici umani?-

-Per il motivo più antico del mondo, Hellstrom: il potere.- rispose lui -Potere assoluto sugli uomini e le cose, quel potere che mio zio ha inseguito per tutta la vita senza raggiungerlo mai.-

-E credi che un patto con lui servirà al tuo scopo? Illuso. I demoni non rispettano mai i patti o meglio: li rispettano a modo loro.-

            Lui era ovviamente il Capro Nero che stava in piedi dietro a Lupeski sovrastandolo. Mi chiesi quale fosse il suo gioco. Mi chiesi anche se io fossi l’unico assieme a Lupeski a vederlo ma dal modo in cui gli adepti si scostarono al suo passaggio, capii con certezza che era davvero presente fisicamente.

            Si avvicinò all’altare dove era legata Jazz e disse:

-Sei stata un’ottima scelta per l’ultimo sacrificio.-

-Avrei volentieri passato la mano.- replicò lei in un impeto di spavalderia.

            La guardai. Aveva seguito il mio consiglio ed aveva accolto la sua metà oscura e la sua parte demoniaca non aveva paura.

            Il Capro Nero lo sapeva. Capii che aveva sempre saputo chi era Jazz e che aveva i suoi motivi per volere che proprio lei fosse prescelta come ultima vittima.

-Uccidila ora Lupeski, ora!- intimò.

            Avrei voluto gridare a Lupeski che era stato ingannato, che non avrebbe avuto quel che cercava ma non mi avrebbe creduto. Osservai il coltello sacrificale compiere il suo arco mortale verso il petto di Jazz.

 

            Jazz Jade avrebbe dovuto essere terrorizzata, ma improvvisamente la paura fu sostituita da una nuova sensazione che non avrebbe saputo definire. Consapevolezza forse? Sentì una voce nella mente che le sussurrava:

“Non aver paura, io ti proteggerò.”

                Era stato il Capro Nero a parlarle? L’idea che quell’essere disgustoso potesse essere suo padre le parve intollerabile, ma avrebbe dovuto abituarsi all’idea di essere figlia di un demone, forse del Diavolo addirittura e la cosa aveva i suoi vantaggi.

                Fissò Horace Lupeski dicendo:

-Avrei volentieri passato la mano.-

                I suoi occhi avevano assunto un colore rossastro e dalle labbra stirate in un sorriso di sfida apparentemente fuori luogo spuntarono canini appuntiti. Il pentacolo sulla sua scapola sinistra stava brillando.

                Horace Lupeski non se ne accorse mentre calava il coltello sacrificale ma prima che questo raggiungesse il petto della ragazza lei si infiammò di colpo. Lupeski lasciò andare il coltello che sembrava scottare nelle sue mani.

                Le fiamme erano cessate ed ora Jazz Jade non era più nuda ma indossava il suo costume e soprattutto era libera. Senza esitare balzò giù dall’altare ed evocò la sua spada che sembrò spuntare direttamente dalla sua mano destra.

                Colpì uno stupito Lupeski con il piatto della spada e lui cadde in ginocchio.

“Uccidilo” le gridò nella mente la stessa voce di prima “Uccidilo ora !”

                Lei rise poi sollevò la sua spada e si apprestò a vibrare il colpo fatale ma prima che potesse farlo una mano le afferrò il polso ed una voce decisa disse:

-No!-

 

                Mentre Jazz si trasformava io non persi tempo: evocai il mio tridente e grazie ad esso spezzai facilmente i legami ai polsi. Mentre mi liberavo le caviglie Jazz aveva abbattuto Lupeski e si apprestava a calare la sua spada nel suo collo.

            Saltai già dall’altare e le afferrai il polso dicendo:

-No!-

            Lei mi fissò sorpresa ed io spiegai:

-Se lo uccidi tu adesso, completi il rito e consegnerai la tua anima a lui.-

            Indicai il Capro Nero che mi rivolse uno sguardo carico d’odio ed aggiunsi:

-Non è quello che vuoi, vero?-

            Jazz scosse la testa, lasciò ricadere la spada lungo il fianco destro e vibrò un calcio all’inguine di Lupeski che si raggomitolò su se stesso, poi si volse verso il Capro esclamando:

-Io non sono e non sarò mai la schiava di nessuno, mai!-

            Il demone parlò a sua volta:

-Hai sempre il brutto vizio di interferire in affari che non ti riguardano, Daimon.-

-Gli affari dei Principi Infernali mi riguardano sempre, dovresti saperlo.- ribattei.

-Avrei dovuto dire a Lupeski di ucciderti subito.-

-Ma non l’hai fatto perché temevi la collera di mio padre ed ora è troppo tardi.-

-Hai ragione: è troppo tardi. Il rito è rimasto incompiuto e la ragazza ha fatto la sua scelta. Peccato, sarebbe stata una consorte degna e tuo padre avrebbe approvato.-

            Jazz sembrò scossa da un brivido a quella prospettiva mancata. Il Capro continuò:

-Ora devo andarmene ma vi lascerò un ultimo regalo.-

            La sua figura divenne sempre più diafana sino a scomparire del tutto. Contemporaneamente i cultisti della Chiesa dei Dannati, che erano finora rimasti immobili, caddero a terra in preda ad atroci spasmi o così sembrava, poi le loro urla cessarono e cominciarono a rialzarsi, solo che non erano più umani ma i demoni scimmia della corte del Capro Nero. Urlando si avventarono su di noi.

-Questi almeno posso ammazzarli?- chiese Jazz.

-Accomodati pure.- le dissi sogghignando.

            Ancora una volta rimasi colpito dalla sicurezza con cui manovrava la sua spada ed usava poteri che fino alla sera prima non sapeva nemmeno di avere. I demoni in cui la lama affondava si riducevano in polvere come quelli colpiti dal mio tridente.

            Uno di loro tentò di aggredirla alle spalle ed io istintivamente gridai:

-Attenta!-

            Lei si girò di scatto puntando la spada da cui eruttò un getto di fuoco infernale che ridusse in cenere il suo aggressore ed altri due demoni.

-Bello!- commentò Jazz.

            Lo scontro durò solo altri pochi minuti ed alla fine solo io e Jazz rimanemmo in piedi in mezzo a mucchietti di cenere da cui saliva odore di zolfo.

            Improvvisamente la porta fu buttata giù e fece irruzione la Polizia guidata, ovviamente, dalla mia amica Eva Torres.

-Ottimo tempismo.- commentai.

            Lei mi guardò storto e poi si rivolse a Jazz:

-Bel completino, l’ha comprato in qualche outlet?-

-Le piace?- ribatté l’altra -Forse potrei fargliene avere uno uguale.-

            Eva fece una smorfia. Prima che potesse replicare le chiesi:

-Come sei arrivata qui?-

-Quando tu e Miss Jade non siete arrivati alla Centrale, ho capito subito che era successo qualcosa ed il ritrovamento della tua auto in fondo al canyon me lo ha confermato.- rispose -A quel punto ho ricordato che indagando su Lupeski erano saltate fuori alcune proprietà immobiliari riconducibili a lui di cui una era questa. Non avremmo mai trovato il passaggio segreto per arrivare sin qui, però, se non avessimo udito tutto il trambusto fatto da te e la tua amichetta. A proposito: cos’è successo qui?-

            Le narrai rapidamente gli ultimi avvenimenti ed infine dissi:

-Quel che Lupeski non poteva sapere era che l’ultima vittima sacrificale del rito doveva essere lui. Se tutto fosse andato come previsto, Jazz avrebbe ucciso Lupeski e da allora sarebbe appartenuta anima e corpo al Capro Nero quindi lui avrebbe garantito a chi lo aveva evocato il potere richiesto.-

-Ma chi?- replicò Eva -Chi ha stretto il patto? Non Lupeski come credevamo, questo è ovvio ormai. Allora chi?-

Scossi la testa e ribattei:

-Non so cosa risponderti. Ho sentito dire che al di sopra di Lupeski in realtà ci sarebbe stata una Somma Sacerdotessa di cui solo lui conosceva l’identità ma anche se esiste davvero, non era qui, ne sono certo.-

-Ce lo dirà Lupeski. Sono sicura che vuoterà il sacco pur di evitare la condanna a morte.-

-A proposito…- chiese improvvisamente Jazz -Dov’è Lupeski?-

            A quanto pareva, il buon Horace aveva approfittato della confusione per filarsela senza salutare.

-Lo troveremo.- affermò con sicurezza Eva -Non riuscirà a sfuggirci.-

-Non so.- borbottai -Mio padre non perdona facilmente i fallimenti o chi tenta di ingannarlo e poi c’è quella Somma Sacerdotessa che vorrà proteggere la sua identità dopo il fallimento dei suoi piani. Dubito che lo ritroverete mai… vivo.-

            Il tempo dimostrò che avevo ragione.

 

 

EPILOGO UNO

 

 

            Horace Lupeski si trovava in un villino che aveva affittato sotto falso nome nei pressi dell’università ed era di pessimo umore. Tutti i suoi piani erano andati in fumo ed ora era un ricercato. Per fortuna si era premunito contro una simile evenienza: un passaporto falso ed un po’ di trucco gli avrebbero consentito di lasciare gli Stati Uniti e raggiungere Isla Suerte nelle cui banche aveva depositato un bel gruzzoletto. Bisogna sempre avere dei piani di riserva.

-Horace Lupeski.-

                Al suono di quella voce femminile Lupeski si voltò di scatto. Davanti a lui c’era una donna bionda dall’inquietante bellezza che indossava un costume azzurro sgambato su cui era disegnato un ragno color violetto le cui zampe anteriori poggiavano all’altezza dei seni e quelle posteriori poggiavano sull’inguine sulle spalle era drappeggiata una corta mantellina nera con l’interno viola.

-Chi sei? Come sei entrata qui?- esclamò sorpreso.

                La donna avanzò verso le di lui dicendo:

-Una volta mi chiamavano Vedova Nera e nessuna porta è in grado di fermarmi. Satana è molto deluso da te, Lupeski. Ti aveva affidato la sua Chiesa e tu hai lasciato che la tua ambizione ottenebrasse il tuo giudizio arrivando a cercare di uccidere i suoi figli senza il suo consenso.-

                Al posto delle pupille ora la donna aveva dei teschi scintillanti. Lupeski impallidì.

-Io… io…- balbettò.

-Non ci sono scuse, Lupeski, non c’è perdono.-

                Lupeski urlò. La sua testa rotolò ai piedi della donna, sulla sua fronte c’era impressa una clessidra rossa: il marchio della Vedova Nera.

 

 

EPILOGO DUE

 

 

            Lasciai Los Angeles al termine della sessione d’esame per occuparmi di certi affari in sospeso a casa mia nel Massachusetts, sarei tornato in tempo per la riapertura delle lezioni, così dissi a tutti. Ancora non sapevo che una serie di complicazioni mi avrebbe tenuto lontano dalla Città degli Angeli per più tempo di quanto avessi previsto e che al mio ritorno avrei trovato ancora più guai.[9]

            Se dicessi che io ed Eva Torres ci lasciammo amichevolmente, mentirei, ma questa è un'altra storia. Invitai Jazz a venire con me, così, tra le altre cose, forse avrebbe potuto conoscere mia sorella Satana, che probabilmente era anche sua sorellastra, ma lei rifiutò: troppo impegnata con il lavoro, si giustificò e poi aggiunse che aveva altri progetti. Non indagai oltre.

            Del Capro Nero nessuna traccia. Forse era ritornato all’Inferno o forse si stava nascondendo da mio padre. Non me ne preoccupai troppo

            Presi un aereo per Boston. Da li avrei proseguito in auto sino a Fire Lake, dove si trovava la mia casa di famiglia. Seduta nel posto davanti al mio c’era una giovane donna bionda che mi era familiare. Non fui troppo sorpreso.

-Miss Claire Voyant, presumo.- le dissi sedendomi -Direi che era ora che ci conoscessimo.-

-Anche io ne sono contenta, Daimon.- rispose lei -Tuo padre mi ha parlato molto di te.-

-Io, invece, non so molto di te a parte che mio padre ti manda in giro per uccidere i peccatori… gente come il non compianto Horace Lupeski.-

            Lei mi sorrise e chiese:

-Ci sono molti peccatori in Massachusetts?-

-Abbastanza.- risposi ridacchiando.

            Sarebbe stato un viaggio interessante.

 

 

EPILOGO TRE

 

 

                Jazz Jade rientrò a casa dopo una proficua giornata di lavoro. Il regista le aveva detto che era stata eccezionale e che la sua performance le avrebbe sicuramente fatto guadagnare un altro premio. Lei aveva semplicemente sorriso ed aveva lasciato il set. Aveva altre cose in mente.

                Si spogliò, fece una doccia veloce e poi, una volta rientrata in camera da letto, senza curarsi di rivestirsi socchiuse gli occhi e si concentrò.

                Fiamme che non bruciavano la avvolsero per qualche secondo e lei si ritrovò rivestita del suo costume. Mosse la mano destra come per afferrare qualcosa ed una corta spada rilucente apparve dal nulla, aprì la mano e la spada svanì.

                Ottimo, pensò. Uscì stando attenta a non essere vista. La aspettava una notte impegnativa: aveva un demone da stanare.

 

 

EPILOGO QUATTRO

 

 

                Davanti alla sede dell’Amministrazione della Contea di Los Angeles, Lucille Abadon, membro del Consiglio dei Supervisori per il Quarto Distretto, stava tenendo una conferenza stampa.

                La sua voce era forte e sicura:

-La situazione nella Contea di Los Angeles, nell’intero Stato sta diventando sempre più preoccupante: abbiamo avuto omicidi a sfondo satanista solo pochi mesi fa, a San Francisco si aggira un killer cannibale.[10] I nostri giovani sono vittime di droghe sempre più terribili e letali, il debito pubblico sale. Occorre agire, non si può restare a guardare. Per questo ho deciso di porre la mia candidatura a Governatore della California alle prossime elezioni.-

                Ci fu un mormorio tra il pubblico. L’annuncio non era giunto del tutto inaspettato. Tutti sapevano che Lucille Abadon puntava ad una carica politica importante, ora sapevano quale ed i più preparati tra loro sapevano anche che aveva ampie chance di qualificarsi alle primarie e di vincere alle elezioni generali.

                La donna si sottopose di buon grado al fuoco di fila di domande che del resto aveva provocato lei stessa.

                Alla fine di quella stressante giornata rientrò nella sua casa a due piani a Marina del Rey con vista sulla spiaggia. Avrebbe dovuto essere stanca ma in realtà si sentiva carica di energia. Sapeva di poter vincere: sarebbe stata la prima donna Governatore della California e di lì a sei anni, o forse ne sarebbero bastati due, il primo Presidente donna degli Stati Uniti. Era nel suo destino. Il suo unico cruccio era che sua figlia si rifiutava di accettare il suo ruolo ma prima o poi l’avrebbe fatto.

                Tutto sarebbe stato più facile se Daimon Hellstrom, che nemmeno sapeva della sua esistenza, non avesse interferito con il rito. Pazienza: avrebbe ricominciato da capo al prossimo equinozio. Per il momento i suoi piani immediati contemplavano una doccia corroborante e del cibo cinese da asporto, al resto avrebbe pensato l’indomani.

                Non appena arrivata nella sua camera da letto, Lucille Abadon si spogliò e si diresse verso il bagno. Se qualcun altro fosse stato con lei, avrebbe notato sulla sua natica sinistra un marchio rosso raffigurante un pentacolo rovesciato.

 

 

FINE?

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Finisce qui la mia breve esperienza su questa serie e devo dire che mi sono divertito non poco a scrivere questi due episodi che hanno completato la storia lasciata incompiuta da Fabio Chiocchia.

            Non so se sono andato nella direzione che aveva immaginato Fabio e mi scuso con lui. Ho inserito nella storia alcuni elementi che se non proprio originali spero siano almeno insoliti. Tra le altre cose, credo di aver creato la prima eroina (?) che di lavoro fa l’attrice di film porno, comunemente detta pornostar. Si sarà scandalizzato qualcuno?

            Ed ora un po’ di note:

1)     Claire Voyant, la Vedova Nera della Golden Age è stata creata da George Kapitan & Harry Sahle su Mystic Comics #4 datato agosto 1940.

2)     Lucille Abadon è una mia creazione ed è sostanzialmente la versione femminile di Damien Thorn e se non sapete chi è Damien Thorn, peggio per voi. -_^

3)     Per completezza: Abaddon, con due d, è il nome, citato nel Vecchio e Nuovo Testamento, sia di un luogo, l’Abisso, che di un individuo ritenuto un diavolo da Cattolici e Protestanti ad eccezione dei Metodisti che lo ritengono l’Angelo della Morte e della distruzione al servizio di Dio e dei Testimoni di Geova che lo identificano addirittura come un’incarnazione di Gesù Cristo. Coloro che lo ritengono un demonio lo identificano spesso con Satana.

4)     Eva Torres, Jazz Jade, Lucille Abadon, sua figlia Penny ed un po’ di demoni assortiti tornano su La Tomba di Dracula a partire dal n. 80 in una storiyline che può essere considerata la diretta prosecuzione di questa e forse anche in futuri episodi di questa serie, se ci saranno.

E con questo, ho finito. -_^

 

 

Carlo



[1] Come visto nell’ultimo episodio.

[2] University of California Los Angeles.

[3] Sempre nell’ultimo episodio.

[4] Linda Littletrees su Marvel Spotlight Vol. 1° #12 (In Italia su Thor, Corno, #139).

[5] Uccisa… dobbiamo proprio dirlo? … nell’ultimo episodio.

[6] Mikal Drakonmegas su Terror Inc, #1 inedito in Italia.

[7] Premio equivalente all’Oscar per i film porno.

[8] Anton Lupeski, il fondatore della Chiesa dei Dannati, ucciso da Dracula su Tomb of Dracula Vol. 1° #59 (in Italia su La Tomba di Dracula, Star Comics #3).

[9] Vedere La Tomba di Dracula #73/79 e Vendicatori Costa Ovest #38/39 per maggiori informazioni.

[10] Vedi ultimi episodi di Marvel Knights.